La Notte in cui tutte le vacche sono nere
“L'Essere è immobile perché se si muovesse sarebbe soggetto al divenire, e quindi ora sarebbe, ora non sarebbe.L'Essere è Uno perché non possono esserci due Esseri: se uno è l'essere, l'altro non sarebbe il primo, e sarebbe quindi non-essere. Allo stesso modo per cui, se A è l'essere, e B è diverso da A, allora B non è: qualcosa che non sia Essere non può essere, per definizione.L'Essere è eterno perché non può esserci un momento in cui non è più, o non è ancora: se l'essere fosse solo per un certo periodo di tempo, a un certo momento non sarebbe, e si avrebbe contraddizione. La dominatrice Necessità lo tiene nelle strettoie del limite che lo rinserra tutto intorno; perché bisogna che l'essere non sia incompiuto.L'Essere è dunque ingenerato e immortale, poiché in caso contrario implicherebbe il non essere: la nascita significherebbe essere, ma anche non essere prima di nascere; e la morte significherebbe non essere, ovvero essere solo fino a un certo momento.L'Essere è indivisibile, perché altrimenti richiederebbe la presenza del non-essere come elemento separatore”.
Cosa avrebbero fatto gli
Eleati se avessero avuto davanti a sé una mappa raffigurante il mondo a loro conosciuto, con la possibilità di cambiarne gli equilibri a favore dell'una o dell'altra Nazione, modificando la società, i modelli di produzione, la potenza militare, il commercio, la tassazione?
Questo interrogativo filosofico - seppure non esplicitamente posto ai Cultisti che hanno partecipato all’evento ludico del 17 novembre 2013 alle Cascine del Riccio - ha costituito il fulcro della riflessione strategica della serata. È avvenuta, in altri termini, una (pur inconsapevole) riscrittura dell'intero corpus parmenideo, che da ieri annovera al suo interno anche quel libro su “Essere e Politica” che il grande Maestro non riuscì mai a realizzare a causa della sua “prematura” morte nel 450 a.C. E’ stato un po' come aggiungere ai Dieci Comandamenti la tavola mancante rotta da Mosé sul Monte Sinai (“ eccovi questi quindici, ehm ehm dieci … dieci comandamenti), come completare la Cupola del Brunelleschi, come mettere un punto definitivo alla Poetica di Aristotele.
La stasi, insomma, in tutto il suo immutabile splendore. Per dirla con Hegel nella sua critica all’Assoluto di Schelling, che da Parmenide trae ben più di una semplice ispirazione,
“la notte in cui tutte le vacche sono nere”.
E le vacche sono state veramente nere in questa partita ad
Imperial nella lombardiana magione, che ha visto presenti ben sette contendenti: la coppia Andy-amico violinista, Giambo, Michelangelo, Tony, Judge, Andy Masons: sullo sfondo la consapevolezza di non poter mutare nulla, la consapevolezza della vanità del mutamento, la consapevolezza della resistenza del tutto ai tentativi dell’Uomo di dominarlo. E così ciascuno ha fatto la sua parte senza pestare i piedi agli altri, limitando i propri interventi militari a scaramucce senza importanza, del tipo: “muori tu che muoio anch'io e il territorio resta tuo”. I confini del mondo sono rimasti gli stessi, immutabili, indelebili, intangibili. Ha prevalso alla fine, di misura, un Judge, assistito da un paio di veniali errori degli avversari e da una certa fortuna nello sviluppo del gioco nelle fasi finali.
I giocatori hanno interpretato ciascuno (o quasi) uno dei grandi maestri di Elea (oggi Ascea, in provincia di Salerno):
Andy Masons (Zenone di Elea): come Achille non raggiunge mai la sua tartaruga in uno spazio immutabile ma divisibile all'infinito, così il Masons non raggiunge l'obiettivo sperato di portare alla vittoria i paesi da lui controllati. Parte con Russia e Austria e parte molto bene, intavolando una solida alleanza con la Germania del Judge, che gli permette di sguarnire completamente i confini interni per dedicarsi all'imperialismo balcanico-anatolico. Gestisce i due imperi in modo opposto: l'Austria come una vera e propria sentina, pattumiera d'Europa, da rottamare un pezzo ad ogni giro per permettere agli azionisti di riscuotere i quattro soldi che servono per le piccole spese; la Russia come una grande, magnifica potenza mondiale, con uno sviluppo, una dotazione finanziaria, un territorio senza uguali. Gli è fatale, nell'ultimo terzo di partita, la perdita del dominio azionistico sull'impero degli zar, sottrattogli dallo svizzero Giambo con un abile colpo di mano. Finisce agli ultimi posti, pur avendo dominato la partita in tutta la fase iniziale.
Andy Lombard (Eraclito di Efeso): teorico del divenire contrapposto all'immutabilità dell'essere, il nostro ospite sta a Parmenide di Elea come Anacleto Mitraglia sta a Paolino Paperino. La sua sconfitta (in coppia con l'incolpevole amico violinista) affonda le sue radici nel dibattito filosofico nel quinto secolo avanti Cristo. Per dirla col linguaggio profetico: era annunciata da 2500 anni. Nella serata della stasi, interpreta il movimento. Al grido di “Italia! Italia!” fa assurgere lo Stivale a grande potenza mediterraneo-atlantica, ma non riesce a dare la zampata finale e finisce ultimo. Il suo socio glielo aveva detto fin dall'inizio: “giudizio, ragazzo, giudizio, non stiamo qui a pettinare bambole, non stiamo qui a tagliare i bordi ai toast”. E così finisce ultimo a 69 punti. Un futurista al Concilio Vaticano I, un elefante in una cristalleria (e chi più ne ha più ne metta).
Giambo (Senofane di Colofone): come il grande filosofo greco da lui interpretato non crede negli dei del mito, il nostro Giambo non crede nelle bandiere, se non nella croce bianca su fondo rosso della Confederazione elvetica. Interpreta la filosofia della stasi alla grande, ed è facile per lui, non avendo mai truppe da produrre o da muovere. Dà due grandi zampate che lo portano vicinissimo alla vittoria, conquistando il dominio di Francia e Russia, le due potenze più rilevanti. Sul finale fa l'errore di appropriarsi della Germania, lasciando così, fatalmente, al Judge il ruolo di svizzero e di ultimo, decisivo, investitore. Finisce terzo a un punto dal secondo e comunque vicinissimo al primo.
Michelangelo (Parmenide di Elea): il ruolo di Caposcuola gli si attaglia a pennello. Non sbaglia una mossa. All'inizio della partita è talmente statico da riuscire quasi a scomparire, per appropriarsi, silenziosamente, delle sole azioni delle potenze dominanti. Capisce che la partita è fatta di pochissime decisive scelte e le azzecca tutte, dalla prima all'ultima. Non giunge alla vittoria letteralmente per un soldo, che quello che gli manca per accaparrarsi il pacchetto azionario francese poi acquistato dal Judge. È secondo, ma è il grande protagonista della serata, burattinaio occulto dell’immobile Europa fin du siècle.
Tony (Melisso di Samo): come il filosofo che rappresenta, crede nel dominio della ragione sui sensi e non lascia nulla al caso. Azionato il diesel, pot pot pot, sta per giungere in porto con una vittoria, ma finisce a poca distanza dal vincitore per mancanza di fondi oltre che per un solo errato ultimo acquisto (le azioni della perfida Albione che gli danno solo un x3 invece dello sperato x4).
The Judge (Leucippo di Mileto): allievo di Melisso, a sua volta allievo di Parmenide, applica la filosofia dell'immutabilità dell'essere alla lettera. Gestisce fin dall'inizio con quattro soldi di azioni in mano una Germania che tiene consapevolmente a freno, al precipuo scopo di renderla inappetibile ai suoi avversari. Il Baltico, il suo indiscutibile dominio; la Penisola scandinava, la sua fonte di approvvigionamento; il patto di non belligeranza con l'Austria, la ragione ultima della sua forza. Approfitta all'ultimo momento dell'appetito di Giambo, per fare la parte della svizzero ed accaparrarsi il pacchetto azionario francese appena sfuggito ai suoi avversari, con imposizione di tassazione x5 e vittoria finale di misura. Dopo avere tributato un doveroso omaggio a Firedrich Schelling, si allontana nella notte, una notte in cui tutte le vacche sono, appunto, nere.
Si era cominciato con
Hive, in cui il bianco ha (secondo tradizione) sempre vinto (due volte con il Judge e una volta con Tony). Sarà interessante in futuro approfondire le tattiche di gioco, in particolare la difesa da parte del giocatore che tiene il nero. Decisivi sono stati gli scarabei, meno decisive le coccinelle, con le quali i giocatori dovevano ancora impratichirsi. Bellissima la componentistica e l’ambientazione. Siamo in attesa del “Bacarozzo”, pezzo che, per la prima volta, consente lo spostamento di altri pezzi. Da rifare, rifare, rifare.
Dopo Imperial, molti sono rimasti per un filler: a loro il relativo resoconto.
- The Judge