Sono le parole pronunciate da Agaroth nell’intervenire insieme ai suoi compagni alla cerimonia officiata dal locale vescovo nella cattedrale di Hochok. I promessi sposi sono in questo caso la granduchessina erede al trono e il malvagio conte. I nostri eroi disseminano il panico con le loro polivalenti abilità: il Re Bardo stordisce il conte (e, come effetto collaterale non del tutto previsto, anche il vescovo); Drix guarda le spalle al gruppo, dopo aver sapientemente aperto la porta di ingresso; Phirosalle crea confusione nel pubblico, pregustando la possibilità di catturare e torturare gratuitamente qualcuno; gli altri incrociano le loro spade con gli armigeri che cercano di fermarli. Alla fine lo scettro del potere è mostrato tutti e il conte è costretto alla fuga, nella quale lascia per terra il braccio destro, la cui smaterializzazione è bloccata da un incantesimo di Carmine.
Ma chi è questo Carmine?
I nostri eroi non l’hanno capito fino in fondo, perché ha risposto in modo assai evasivo al serrato interrogatorio iniziale postogli dal Re Bardo. Si tratta, all’apparenza, di un soggetto più cattivo che buono, dotato di poteri di guarigione e fanatico di un’improbabile divinità sconosciuta ai più: l’oscuro Sucellus. Vi è da dire che la divinità dà subito buona prova di sé assistendo il suo adepto in una serie di incantesimi e mosse varie, in particolare durante la precipitosa risalita dalle tenebre del sottosuolo, via fiume, verso la città di Hochok, per cercare di evitare il funesto matrimonio Granducale.
Tornando alla cerimonia interrotta, va ricordato: che i seguaci del conte sono uccisi o neutralizzati; che il granduca, sotto choc, è riportato nei suoi appartamenti; che la granduchessina mostra grande sollievo per il mancato impalmamento; che fra i prigionieri vi sono i malvagi coniugi Frip, mercanti-spie al servizio dei potenti Aghias di Maalbork (nemici giurati del Re Bardo).
La musica di sottofondo del finale è ovviamente Mrs Robinson di Simon & Garfunkel.
Carmine, inconsapevole torturatore.
Accade anche questo nel meraviglioso universo di DW: che il PNG del giocatore assente venga utilizzato dagli altri per attività infamanti, moralmente abiette, recanti su di lui disdoro e disprezzo pubblico. Questo è quanto è avvenuto nell’ultima sessione (presenti Phirosalle, Drix, Rauni, Re Bardo), in cui la lenta agonia dei malvagi Mordecainen Frip e Pernilla Aghias è stata colorata con tonalità splatter dall’ottimo Phirosalle, scarsamente in vena di far concessioni all’umana pietà. Ai due è stato prima fatto nascere nelle viscere un intero roseto (modello “ti spunta un fiore in bocca”, refrain della Colgate anni ‘70, noto solo ai più anziani tra i Cultisti), poi del muschio su tutto il corpo, che li ha inglobati in due ceppi destinati a lenta autocombustione (una rivisitazione cyberpunk degli ovidiani Filemone e Bauci). Interrogati dal Re Bardo nelle fasi finali della prima parte del loro supplizio, i due hanno rivolto al gruppo esplicite minacce, evocando la potenza della Signoria Oscura, organizzazione a cui farebbero capo il conte e alcuni dei maggiorenti della città di Maalbork, soprattutto appartenenti alle nobili case Aghias e Frip.
Finite le torture e lasciato Carmine pago dei risultati ottenuti, il gruppo è stato ricevuto dalla granduchessina, arcicontenta di essersi liberata di un promesso sposo scomodo come il conte. Il proposto brindisi è però finito letteralmente a schifio, per la presenza di un potente veleno (edera nera) nel bicchiere della nobildonna, prontamente riscontrata da Rauni, trasformatosi in lemming alla bisogna. Ritornato alla forma normale, il nostro sciamano ha colpito con il suo fascino boschivo l’interlocutrice femminile, generando così una sottotrama foriera di interessanti sviluppi, circa la successione al Granducato di Hochok (una volta dipartito l’anziano e malandato granduca). I nostri hanno, infatti, appreso che la legge di successione al Granducato prevede che a ereditare sia il primo figlio, indipendentemente dal sesso; con la conseguenza che la granduchessina è preferita al fratello minore (età 9 anni) anche se maschio. Grazie all’abilità di Drix, il gruppo individua nella Calloria, pianta dal colore violaceo che cresce in prossimità di fonti vulcaniche di acqua calda, l’unico possibile antidoto.
La situazione si aggrava ulteriormente, perché lo stesso granduca è vittima di avvelenamento, in circostanze analoghe. Questo vero e proprio talent scout, infallibile nella scelta di amici, affini e collaboratori, ha evidentemente, per l’ennesima volta, mal riposto la sua fiducia in qualcuno e giace inerme nel suo letto in attesa che l’edera nera faccia il suo effetto (12-15 ore di autonomia, poi i Neri Cancelli). Dopo una passata dall’alchimista più vicino, il gruppo si avventura, prima a cavallo, poi a piedi nelle terre del conte, pattugliate da un esercito di circa 9000 uomini, letteralmente enorme per l’epoca e per le circostanze. I nostri silenziosi amici riescono, grazie ad una fitta nebbia evocata da Phirosalle, a giungere alla polla vulcanica in prossimità della quale la calloria cresce e a coglierne un numero bastevole di foglie.
Gli acuti sensi di alcuni di loro (non quelli del Re Bardo, che non brilla per capacità percettive) subodorano la presenza di un gruppo di sciamani dediti al malvagio e asserviti al conte. L’invisibilità e le variegate abilità di nascondimento fanno si che sette dei nemici vengano seminati. Ne restano tre, che sono liquidati dal Re Bardo e da Drix con precisi colpi di martello e di stocco, previa trasformazione degli archi da battaglia dei quali due di loro sono dotati in mazzolini di fiori, grazie a un bucolico incantesimo di Phirosalle.
Si ritorna a palazzo, dove vengono stilate delle vere proprie liste di proscrizione e vengono iniziati gli interrogatori dei maggiorenti e dei più stretti collaboratori del granduca, oltre che della guardia e della servitù. Gli interrogatori si svolgono all’americana, con Phirosalle che fa accomodare gli indagati su una sedia immobilizzante, il Re Bardo che pone domande non sempre gentili e Drix che si occupa delle perquisizioni e ispezioni corporali (nelle quali, si sa, è naturale che qualche piccolo oggetto, specialmente se di valore, rimanga nelle mani dell’operante, specialmente se ladro di professione).
Nel frattempo nelle osterie di tutto il Granducato si canta la “Serenata di Rauni, uomo dei boschi, e della Bella Granduchessa”, composta dal Re Bardo all’impronta e già divenuta un classico. I nostri sono ormai i ministri plenipotenziari del paese e hanno propiziato l’emanazione di un bando per il reclutamento di volontari presso i vassalli e i maggiorenti, allo scopo di contrastare, almeno in parte, il nutrito esercito del conte. Il ciambellano, il capo delle guardie, la damigella d’onore della granduchessina, sottoposti ad interrogatorio, hanno ceduto e confessato di essere gli avvelenatori. Il primo è stato trafitto dal Re Bardo e martellato ben bene da Drix; gli altri due sono stati murati vivi in compagnia di un pugnale in una cella della prigione a pozzo della città, riadattata per l’occasione: sono entrambi addormentati e al loro risveglio il pugnale ne deciderà la sorte, se morte rapida o lenta.
Per concludere, una mezza strofa dalla Serenata, hit del momento:
L’amor che colse Rauni in quell’istante
Per la leggiadra allor da lui salvata
Il volto ne cangiò e il sembïante
«O Bella» ei fé «di me sarai l’amata».
The Judge